LA RAGAZZA DI BENIN CITY

In Italia vivono, clandestine e prostitute, migliaia di ragazze nigeriane, sfruttate da un racket che le ha portate in Europa con false promesse e le ha ridotte in stato di vera e propria schiavitù.L’incoscienza di clienti che – di fatto – contribuiscono a sfruttarle; il perbenismo di quanti ritengono che il problema può esser risolto solo rispedendole in Africa; il moralismo di quanti non sopportano neppure l’idea di dover parlare di prostituzione; l’indifferenza di quanti vivono solo del loro egoismo e non sanno auspicare altro che soluzioni punitive e detentive; il razzismo sempre e comunque presente; l’imperfetto impegno civile di chi ha espresso solidarietà per Safiya e per Amina, che hanno rischiato di essere lapidate in Nigeria, ma non sa far nulla per le tante Safiya ed Amina che vivono in Italia …. queste sono le pietre con le quali, ogni giorno, le africane sono lapidate in Italia.Il Progetto “La ragazza di Benin City” affronta la problematica delle ragazze africane che giungono in Italia, ridotte in condizione di schiavitù e vuol farsi strumento non confessionale di azione concreta, operando su quattro fronti:

1 – con le “organizzazioni del volontariato”, incentivando a loro favore il flusso dei sostegni finanziari grazie ai quali possono portare avanti percorsi di recupero di queste ragazze;
2 – con le “istituzioni”, sollecitandole a non risolvere il problema solo con il rimpatrio delle ragazze;
3 – verso i “clienti”, recuperandoli ad un comportamento responsabile ed aiutandoli a superare il loro stesso disagio con l’apporto di gruppi spontanei di auto-mutuo aiuto;
4 – verso l’opinione pubblica proponendo iniziative di sensibilizzazione.Il Progetto non raccoglie direttamente e non gestisce denaro, ma invita chi può e lo desidera, ad adottare a distanza una ragazza, finanziandone, in modo reciprocamente anonimo, il percorso di recupero attuato dalle organizzazioni del volontariato.Il Progetto vuol essere un moltiplicatore di iniziative e vi operano ex clienti, operatori culturali, volontari, testimonial. L’idea di fondo è che se non si coinvolgono tutti gli attori, il fenomeno non sarà né compreso, né debellato. Chi vuole spendersi in prima persona può farlo; chi vuol fare qualcosa, ma restare anonimo può farlo; chi vuole uscire dal proprio disagio può farlo.Al fine di mediatizzare l’iniziativa e di valorizzare il ruolo dei mezzi di informazione, è stato creato il Premio “La ragazza di Benin City” che ogni anno verrà attribuito ad un personaggio che abbia contribuito a creare una cultura della solidarietà relativamente al problema della schiavitù e della condizione della donna. Alla Fiera del Libro di Torino 2002, la prima edizione del Premio è andata a Toni Capuozzo, giornalista di Canale 5.Il Progetto prende avvio dalla storia d’amore di un italiano per una giovane nigeriana. Alcuni lettori del romanzo che ne è nato, “Akara-Ogun e la ragazza di Benin City” di Claudio Magnabosco, edito da Quale Cultura – Jaca Book, hanno fatto “rete” tra loro, trasformando l’esperienza di ciascuno in una concreta azione di solidarietà umana e di impegno sociale e civile.